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Consulente ADR/RID/ADN trasporto merci pericolose

“Sarebbe…???” è ciò che rispondono molti imprenditori o loro responsabili che spediscono Merci Pericolose e ai quali si chiede se ne hanno nominato uno; oppure in modo meno impegnativo, quando chiedono di cosa si occupano questi consulenti.

E dopo aver spiegato (o provato a spiegare) il ruolo di questa figura e gli obblighi di legge, i ventagli di successive risposte spaziano da “…ci pensa il trasportatore col quale ho acceso un contratto…” oppure “ … non ne ho bisogno perché spedisco ogni tanto…” e anche “…no, i miei prodotti non sono pericolosi: c’è il simbolo della fiamma ma non sono pericolosi….”.

E potrei andare avanti per molto con questi esempi di “ignoranza” dei regolamenti ma non è il motivo di questo mio intervento.

Però non posso non essere perplesso notando, ad esempio, che moltissimi ospedali, solo ora o almeno da pochissimo tempo hanno “scoperto” la necessità di avvalersi di questa figura, prevalentemente per la spedizione di rifiuti ospedalieri e/o radioattivi.

Ma… la norma che impone il DGSA (acronimo inglese del Dangerous Good Safety Adviser) è dell’anno 2000 (Decreto Legislativo 40/2000) e…. gli ospedali producono gli stessi rifiuti anche da molto tempo prima.

E fino ad oggi come hanno classificato, etichettato, compilato i Formulari FIR e spedito i loro rifiuti pericolosi?

E chi ha controllato la loro adesione ai disposti normativi (anche se sarebbe meglio chiedere “perché nessuno ha mai effettuato controlli in tal senso”)?

La risposta degli ospedali (o di altri istituti pubblici) è sempre la stessa: “…ci pensa il trasportatore che ci dice cosa scrivere…”.

Quando tengo corsi in materia ADR e rifiuti pericolosi (col medesimo problema del “chi compila i formulari FIR”) spiego ai discenti che questo atteggiamento (del farsi compilare il documento di trasporto) è paragonabile all’acquisto di un anello per la fidanzata lasciando poi al gioielliere la libertà di scrivere il biglietto che accompagna il regalo.

Ma non è di questo che voglio parlare.

Dunque i consulenti ci sono ma nessuno si chiede o verifica come mai ci sono ancora aziende, non nuove, che solo di recente hanno provveduto alla nomina del DGSA: e prima???

In Italia non esiste un elenco o albo o registro dei consulenti per la sicurezza ADR e quindi non è facile conoscere il loro numero effettivo anche al netto dei rinnovi e le loro specialità e modalità: li si trova perché si autopubblicizzano o perché un amico ne conosce uno, ecc.

Anzi… almeno i certificati (CFP) italiani permettono di conoscere la specializzazione e modalità di ogni professionista perché sono aderenti e rispondenti ai requisiti del punto 1.8.3.13 che recita:

Il certificato previsto al 1.8.3.7 deve indicare chiaramente che la sua validità è circoscritta ai tipi di merci pericolose di cui al presente paragrafo e sui quali il consulente è stato esaminato, alle condizioni definite in 1.8.3.12.

Invece, i certificati CFP emessi da molti paesi stranieri riprendono l’esempio del punto 1.8.3.18 dell’ADR e non riportano la specialità conseguita dal professionista.

Almeno in questo gli italiani sono più bravi.

Ma i nostri ministeri vogliono esagerare e pretendono che i consulenti DGSA siano …. BRAVISSIMI!.

È di questi giorni (gennaio 2017) la proposta che l’Italia ha formulato al gruppo di lavoro “Joint Meeting of the RID Committee of Experts and the Working Party on the Transport of Dangerous Goods”, l’organismo incaricato di predisporre le modifiche ai testi di ADR/RID/ADN e che si occupa delle revisioni biennali dell’ADR.

Tra le proposte di modifica finora presentate ve ne sono alcune predisposte dall’Italia, e contenute nei documenti ECE/TRANS/WP.15/AC.1/2017/4, ECE/TRANS/WP.15/AC.1/2017/5 del 21 dicembre 2016 e che riguardano il consulente per la sicurezza e la sua certificazione.

Allo stato attuale, all’aspirante DGSA non sono richiesti titoli accademici di alcun tipo per sostenere l’esame ed essere poi certificato: questi deve “solo” sostenere un esame con tante domande a risposta multipla per ogni modalità di trasporto (3: stradale, ferroviaria e di navigazione interna) e per ogni specialità scelta (4) e uno studio del caso, vero scoglio da superare per tutti gli aspiranti consulenti.

Nella compilazione delle risposte sono consentiti errori pari al 20% per le domande presenti su ogni modulo e 40% per lo studio del caso.

Quando vigeva il precedente Decreto Legislativo 40/2000 era il neo-candidato a scegliere lo studio del caso (con riferimento ad una specialità prescelta, quella ove ci si sentiva più preparati) mentre ora è la commissione esaminatrice a decidere l’argomento che il candidato deve affrontare.

Poi, dopo 5 anni, il DGSA deve ripetere gli esami (domande e risposte) che nel frattempo vengono adeguate alle nuove edizione del regolamento ADR e diventano, giustamente, più complesse.

Se ci fermiamo a riflettere su quanto detto sino ad ora, vediamo che in Italia sono pochi i casi in cui per mantenere una qualifica conseguita occorre sostenere un esame periodico quinquennale: per altre attività professionali ove la responsabilità è chiaramente individuata e la natura stessa del lavoro (es. i medici o i piloti di aereo o gli ingegneri) vuole un costante aggiornamento, si richiede esclusivamente la partecipazione a corsi (a volte con verifica di apprendimento).

Invece, l’intento dei proponenti italiani è quello di fare ripetere completamente, ogni 5 anni, l’esame di abilitazione ai consulenti ADR per la sicurezza.

Infatti, Sergio Benassai in un suo specifico articolo ha precisato nel particolare la portata di queste proposte:

1) nel paragrafo 1.8.3.16.2 eliminare la frase “Non è tuttavia necessario che il titolare svolga lo studio del caso menzionato al 1.8.3.12.4 (b).”
Secondo l’Italia infatti, anche nel caso dell’esame per il rinnovo del certificato, è necessario che venga svolto uno studio del caso

2) al paragrafo 1.8.3.12.4 (a), prima della frase “Tra dette materie deve essere ….” aggiungere il testo seguente. “Per la riuscita dell’esame deve essere ottenuto un risultato di almeno 9/10. Per tale valutazione, nel caso di domande a scelta multipla è necessario rispondere esattamente a tutte le risposte.”

3) al paragrafo 1.8.3.12.4 (b) aggiungere il testo seguente: “Per la riuscita dell’esame deve essere ottenuto un risultato di almeno 8/10.”

4) inserire un nuovo paragrafo 1.8.3.X con il testo seguente: “Se un consulente estende il campo di applicazione del suo certificato durante il suo periodo di validità, soddisfacendo le prescrizioni dell’1.8.3.16.2, il periodo di validità del nuovo certificato rimane quello del certificato precedente.” Ciò in analogia con quanto previsto per il conducente al paragrafo 8.2.2.8.2.

Sia chiaro, non sono in disaccordo col principio che vuol vedere professionisti sempre più bravi: ma non comprendo e non condivido l’utilità delle richieste italiane soprattutto quando continuano ad esistere aziende pubbliche (molte!) e private che non hanno ancora nominato il DGSA (spesso pur riconoscendone la necessità e la obbligatorietà) e senza che alcun organo di controllo abbia mai espletato una verifica degli adempimenti di legge.

Così i 36000 € (massimo) di sanzione previsti per gli inadempienti la nomina e la comunicazione del Consulente ADR previsti dal Decreto Legislativo 35/2010 rimangono solo sulla carta.

Allora cosa fa la differenza fra un DGSA e l’altro? Le specialità e modalità conseguite? Proprio no! Come al solito, solo il prezzo.

Ma anche questa non è una scoperta: da che mondo e mondo si è sempre combattuto sul fronte del prezzo (possibilmente al ribasso) e non sulla professionalità.

Allora possiamo ben sperare che con i nuovi “super-consulenti ADR” che non sbagliano neppure una risposta e che ripetono integralmente un esame di abilitazione ogni 5 anni, si creino sbocchi lavorativi per i più giovani che affrontano questo mestiere. E che non abbiano prezzi da mercato rionale.

Ma già sappiamo che non sarà così.
In questo “momento storico” la domanda che tipicamente pongono le direzioni aziendali, non contemplano

quasi mai la necessità di spedire in ADR o meno ma principalmente “sono obbligato a nominare il DGSA?” Cerco sempre di far capire loro che essere esentati dalla nomina del consulente ADR non significa poter

spedire senza uniformarsi al regolamento ADR: anzi!

Ma siccome allo stato di fatto, le multe per la mancata nomina non vengono erogate da nessuno (a causa del mancato controllo) è più economico fare a meno di questa figura professionale.

Ma allora, parallelamente ad una maggiore qualificazione dei DGSA perché non si creano norme più stringenti (già in seno al regolamento ADR) per una applicazione più capillare ed estesa del regolamento stesso anche attraverso controlli ispettivi?

Sicuramente, se verranno accettate le proposte italiane, ci sarà una falcidia di consulenti ADR.

Ho provato a valutare gli esiti degli esami degli ultimi due anni di una commissione MCTC del nord e dell’ultimo anno (8 sedute) per un’altra commissione anch’essa del nord.

Per entrambe le commissioni sono state esaminate 477 persone tra aspiranti consulenti e DGSA soggetti a rinnovo: di questi, 327 sono stati ritenuti idonei; quasi il 70%.

Ebbene, col nuovo criterio (semmai approvato) questi 327 consulenti si ridurrebbero a 17! Ossia il 5% dei promossi attuali e poco più del 3% degli esaminati totali.

Una così drastica riduzione stride con le necessità reali che vedono un numero sempre maggiore di aziende pubbliche e private che ogni anno “valutano” la necessità (avrei voluto scrivere “scoprono e a volte aderiscono) di avvalersi delle prestazioni del DGSA.

Anche questo è un dato assolutamente sconosciuto: quante sono le aziende che hanno nominato un simile professionista?

E a quanto corrisponde l’incremento annuale?

Paradosso tutto italiano: ancora siamo in attesa che vengano meglio definite alcune disposizioni del Decreto Legislativo 35/2010 (ad esempio la deroga per le brevi distanze) che si arrivano a fare le proposte come sopra descritte.

Cui prodest? A chi giova?